I superstiti dei pensionati hanno diritto alla pensione di reversibilità, ma in alcuni casi la prestazione non può essere erogata. Per quale motivo?
La pensione di reversibilità è la prestazione che viene versata ai familiari superstiti di un pensionato iscritto presso una delle Gestioni previdenziali INPS. Ne hanno diritto il coniuge (o unito civilmente) e i figli del defunto e, in alcuni casi, i nipoti, i genitori e i fratelli e le sorelle superstiti. Ha lo scopo di assicurare a tali soggetti un reddito in seguito alla perdita della fonte di sostentamento causata dalla morte del pensionato.
L’ammontare della pensione di reversibilità varia a seconda del grado di parentela che i familiari avevano con il defunto e della composizione del nucleo familiare e corrisponde a una percentuale della pensione che percepiva l’assicurato. In particolare, al coniuge va il 60% della pensione del deceduto, se ci sono un coniuge e un figlio spetta l’80% e, infine, se c’è solo il coniuge e due o più figli spetta il 100% della pensione.
Non tutti i trattamenti pensionistici, però, assicurano il diritto alla pensione di reversibilità. C’è una particolare prestazione che non consente ai familiari superstiti di presentare richiesta per la reversibilità in caso di decesso del beneficiario. Di quale si tratta? Scopriamolo.
Rinuncia alla pensione di reversibilità per chi percepisce questo sussidio: cosa spetta ai superstiti?
Esiste un trattamento che non è reversibile ai superstiti, perché non si tratta di una pensione vera e propria. Consiste, infatti, nel versamento temporaneo di un’indennità da parte dell’INPS ad alcune categorie di contribuenti che vivono condizioni di disagio economico o sociale, ad esempio disoccupati, caregivers, invalidi.
Stiamo parlando dell’Ape Sociale, il sussidio che viene riconosciuto a chi ha 63 anni e 5 mesi di età e almeno 30 anni di contribuzione e che, al raggiungimento dei 67 anni di età, si trasforma in pensione di vecchiaia. Ma cosa succede nell’ipotesi di decesso del beneficiario?
I familiari superstiti non possono ottenere la reversibilità, ma la cd. pensione indiretta. Si tratta dell’assegno a cui hanno diritto i familiari superstiti di un assicurato INPS che non era ancora titolare di pensione diretta e che aveva versato un determinato numero di contributi.
È, tuttavia, necessario che l’assicurato deceduto abbia maturato almeno 15 anni di anzianità assicurativa e contributiva (o 780 contributi settimanali) oppure 5 anni di anzianità assicurativa e contributiva (o 260 contributi settimanali), dei quali almeno 3 anni (o 156 contributi settimanali) nel quinquennio precedente la data del decesso. Per ottenere la pensione indiretta, gli aventi diritto devono inviare la relativa richiesta all’INPS; l’Istituto, poi, calcolerà l’ammontare del sussidio in base ai contributi accreditati e all’età dell’assicurato defunto.